La Percezione

La percezione è il risultato di complessi processi di acquisizione ed elaborazione dell’informazione sensoriale. Le sue caratteristiche essenziali sono il riconoscimento degli stimoli e l’attribuzione di significato. Secondo Pancheri riconoscimento e attribuzione di significato sono funzioni che richiedono il coinvolgimento di attività di tipo cognitivo ed emozionale che vanno al di là della semplice identificazione di un segnale sensoriale. Si tratta dunque di un’attività che è parte integrante delle funzioni cognitive, emozionali, motorie e comportamentali e ne è al contempo elemento condizionato e condizionante. Fino ai primi del 1900 i ricercatori credevano che la percezione finale degli stimoli fosse spiegabile con la semplice somma di sensazioni elementari come linee o punti. Ricerche di questo tipo erano portate avanti in particolare dalla scuola di Wundt. Secondo questo modello, chiamato “modello sensista” la più piccola unità percettiva è costituita dalla sensazione elementare ed esisterebbe in definitiva un’equivalenza generale fra afferenza sensoriale e fenomenologia percettiva. In parte questo modello corrisponde alle “teorie ingenue” della percezione secondo le quali esiste appunto una corrispondenza lineare e diretta tra stimolo prossimale e stimolo distale. Per certi versi però, questo modello sembra trovare delle conferme nelle più recenti ricerche di psicofisiologia relative alla presenza nella corteccia occipitale visiva di neuroni specializzati, i quali corrispondono elettricamente solo all’orientamento spaziale degli stimoli. In seguito alcuni ricercatori tra i quali Kholer, Kofka e Wertheimer, respinsero questa concezione elementaristica della percezione come semplice somma delle parti e sostennero che ciò che percepiamo è in realtà il risultato di un’interazione e di un’organizzazione globale delle varie parti. Questi psicologi, che fanno parte della "Scuola della Gestalt" o "Forma", si sono ampiamente occupati della fenomenologia della percezione. Per i Gestaltisti essa non è un mero processo passivo, bensì un processo attivo che interviene sui dati sensoriali passivamente entrati nel sistema, e li ricompone secondo un disegno che dipende dalla configurazione sensoriale, ma attraverso regole che sono proprie del sistema di elaborazione.
 Secondo gli psicologi della Gestalt quindi varie tendenze percettive innate influenzano la visione (ma sono estendibili anche all’udito), queste sono i principi gestaltici di “raggruppamento”, che si riferiscono alla tendenza umana ad organizzare in gruppi insiemi di stimoli isolati sulla base di fattori di prossimità, somiglianza, chiusura, continuità e simmetria; l’organizzazione “figura sfondo”, per cui le persone distinguono intrinsecamente tra la figura e lo sfondo; segue il principio della “semplicità”, le persone tendono a percepire lo schema più semplice possibile; in ultimo la regola della “chiusura” afferma che, ove possibile, le persone tendono a percepire le figure incomplete come complete.
Altri studi in quest'area, si sono occupati di determinare gli elementi figurali utilizzati per la percezione della terza dimensione. Essa risulta infatti legata alla percezione del movimento. I principali indicatori identificati sono: la grandezza relativa (l'oggetto più grande è il più vicino), la luminosità, la prospettiva aerea e quella lineare. Mentre in Europa si sviluppava la Gestalt, incentrandosi, attraverso le sue leggi universali, sugli elementi fenomenologici del percetto, negli Stati Uniti prendeva piede dagli anni 50 il paradigma del New Look of Perception. Tra i maggiori esponenti di questi studi è possibile ricordare Jerome Bruner. Con questa scuola acquisisce l'importanza, del tutto trascurata dall'approccio della Gestalt, delle attività e del valore (personale e sociale) dell'oggetto percepito. Le forme, non più innate, sono ancorate ai bisogni e agli scopi degli individui. I valori e i bisogni personali diventano elementi chiave attraverso cui strutturare il processo percettivo. Oggetti e simboli ritenuti significativi dalla persona possono essere percepiti in maniera distorta, e dissonanti dall'approccio fenomenologico della percezione portato avanti dalla Gestalt. La metodologia usata è stata quella sperimentale. I ricercatori hanno posto l'attività percettiva in vere e proprie situazioni problematiche, come situazioni svantaggiose o ambigue. L'ipotesi di lavoro che sostiene queste ricerche è che in queste condizioni l'attività percettiva riveli meglio l'influenza di fattori come i bisogni, le tensioni, i valori, le difese, le emozioni e gli atteggiamenti. In Uno dei più famosi esperimenti condotto da Bruner nel secondo dopoguerra, Gli autori chiesero ad un gruppo di studenti di 10 anni, metà appartenenti ad una classe socio–economica elevata e l’altra metà provenienti da famiglie umili, di indovinare le dimensioni di monete in corso legale eguagliandone il diametro con una macchia di luce proiettata. L’ipotesi era che personalità, motivazioni, emozioni e valori sono fonte di aspettative sulla realtà. L’esperimento confermò ampiamente le ipotesi, perché non solo i bambini sopravvalutarono la grandezza delle monete, tanto più quanto maggiore era il loro valore, ma i bambini poveri sovrastimavano la grandezza delle monete di valore maggiore più di quelli ricchi. Più precisamente cinque sono le ipotesi che sottendono queste ricerche: bisogni fisiologici tendono a determinare ciò che è percepito. In un esperimento Mc Clelland & Atkinson sottoposero dei soggetti adulti, tenuti a digiuno da un minimo di un'ora ad un massimo di 18 ore, ad una prova si proponeva di misurare stimoli deboli o subliminali. I risultati mostrano che:

  •  il numero delle risposte comportanti connotazioni di cibo aumentano notevolmente man mano che crescono le ore di digiuno;
  •  le punizioni o ricompense hanno effetti su ciò che viene percepito;
  •  il valore individuale degli oggetti influisce sulla velocità di riconoscimento, fenomeno della "risonanza percettiva", ovvero le parole aventi un riferimento positivo con gli atteggiamenti del soggetto vengono riconosciute in un tempo significativamente più basso di quello richiesto dalle parole aventi un significato negativo;
  •  il valore dell'oggetto influisce sulla grandezza percepita. 
  • La condizione socio-economica è un fattore che influenza l'organizzazione percettiva.
 L'organizzazione percettiva è influenzata anche dalle differenze individuali e dalla personalità del soggetto percepente.
 Ma l'autore che maggiormente ha studiato il rapporto tra personalità e percezione è Witkin, i cui esperimenti lo hanno portato ad individuare due categorie di soggetti:

  1.  quelli che danno prestazioni percettive dipendenti dal campo, che sono caratterizzati da passività nel rapporto con l'ambiente, da scarsa fiducia e paura dei propri impulsi accompagnata da insufficiente controllo, da mancanza di autostima e dal possesso di un'immagine corporea indifferenziata ed alquanto primitiva;
  2.  soggetti che forniscono prestazioni indipendenti dal campo, caratterizzati da attività ed autonomia in rapporto all'ambiente, sono meno difesi perché hanno un maggior controllo dei propri impulsi e posseggono un buon livello di autostima accompagnato dalla percezione di un'immagine corporea differenziata e matura. 
Secondo Witkin la prestazione di un individuo in certi compiti percettivi fornisce un "modello" del suo modo di agire.
 Secondo questi orientamenti di studio la percezione diventa non solo una organizzazione autonoma e regolata da leggi generali ma anche una funzione che può rispondere ai dinamismi psichici più sensibili ai diversi bisogni che regolano l'integrazione dell'individuo all'ambiente.
 La teoria di Gibson è nota come Teoria Ecologica (1966), la percezione non è atomistica, né globalistica, né motivazionale. Gibson ha proposto una teoria della percezione in cui gli eventi mentali non giocano alcun ruolo: il percettore coglie direttamente le informazioni che il mondo esterno gli offre, dunque una percezione diretta. Secondo Gibson, la ricerca tradizionale sulla percezione ha trascurato l’interazione attiva e volta alla ricerca di informazioni tra l’organismo e l’ambiente e doveva uscire dai laboratori sperimentali dov'era stata realizzata fino a quel momento. Secondo questo ricercatore i nostri sistemi sensoriali, lungi dal limitarsi a fornire sensazioni a partire dalle quali il cervello potrà trarre inferenze, si sono evoluti in modo da agire come sistemi percettivi autonomi. Questi sono sufficientemente sensibili alla complessità del nostro ambiente da generare immediatamente esperienze percettive senza che s’interponga alcun processo inferenziale, questa teoria è nota come Teoria della Raccolta di Informazioni (Information Pickup Theory) . Tutte le percezioni sono realizzate in relazione alla posizione del corpo e alle sue attività e funzione nell'ambiente.
 L'assetto ambientale include invarianti come la luce, le ombre, la texture, i colori che determinano ciò che è percepito. La percezione è in grado di cercare ed estrarre queste invarianti in un mondo che è costituito da un flusso incessante di informazioni. Per indicare tali aspetti di relazione Gibson usa il termine stimoli di ordine superiore e sostiene che il nostro sistema percettivo si è evoluto in modo da rispondere ad essi e non ai loro elementi costitutivi più semplici. Secondo Gibson quindi la percezione è una diretta conseguenza delle proprietà dell'ambiente e non implica forme di elaborazione degli stimoli. Le prove di laboratorio della percezione diretta derivano dagli studi effettuati utilizzando il “Precipizio Visivo”.
 Gibson e Walk inventarono una struttura che creava l’illusione di un precipizio. I bambini piccoli sono stati riluttanti ad avvicinarsi al lato del finto precipizio, anche se, avendo appena cominciato a muoversi carponi, hanno poca o nessuna esperienza in fatto di cadute dalle superfici. Gibson sosteneva che ogni oggetto possedesse specifiche variabili, le Affordances (la terra è percorribile , l’acqua è tuffabile, una maniglia afferrabile). Le Affordances, sono considerate proprietà specifiche dell'ambiente significative e rilevanti per l'organismo che ci vive. le relazioni tra gli stimoli non emergono da calcoli mentali, ma sono parte intrinseca degli stimoli sensoriali.
 Neisser integra il modello di Gibson, nel quale mancano informazioni sul contributo del percettore nell’atto percettivo, secondo Neisser devono esserci tipi definiti di struttura in ogni organismo percettore tali da suggerirgli di tener conto di determinati aspetti dell’ambiente piuttosto che di altri, o di non tenerne conto affatto. Secondo Neisser le strutture cognitive cruciali per l’attività visiva sono gli Schemi Anticipatori che preparano il percettore ad accettare determinati tipi di informazione piuttosto che altri, dal momento che sappiamo vedere solo ciò che sappiamo cercare, sono questi schemi che determinano ciò che verrà percepito. Il movimento oculare, della testa e il corpo sono esplorazioni attive volte alla ricerca di informazioni. Queste strutture o schemi assicurano la continuità della percezione in due modi diversi, siccome sono delle anticipazioni sono il mezzo tramite il quale il passato influenza il futuro, l’informazione già acquistata determina quella che sarà raccolta in futuro.
 Dal punto di vista del piano applicativo, in ambito clinico, la percezione rappresenta un potente indicatore del vissuto emotivo e motivazionale dell'individuo. Infatti, come la corrente del New Look of Perception ha sottolineato, i motivi e gli stati emotivi del soggetto, sia momentanei che persistenti, hanno l'effetto di sensibilizzare selettivamente il soggetto verso gli oggetti legati alle sue tendenze o avversioni, siano essi processi di allontanamento e difesa percettiva o vigilanza percettiva.
  L'atteggiamento percettivo, aspetto di un più generale stile cognitivo, è strettamente legato al modo dell'individuo di vivere questi aspetti, quindi alla sua personalità in senso globale, nei suoi aspetti consapevoli e inconsapevoli. Ciò che si sa dell’influenza della percezione viene utilizzato anche nell’ambito della pubblicità e nel marketing, è noto che la percezione del bisogno di un oggetto può essere influenzata da adeguati messaggi pubblicitari e che i consumatori possono tentare di valutare i prodotti direttamente mettendone a confronto gli attributi fisici quali il gusto, l'odore, la dimensione, la forma, illuminazione e posizione nel punto vendita.
 Per valutare la percezione, si possono considerare utili metodi psicometrici d'indagine in cui interviene il processo percettivo, un test in linea con il filone di studi e che considera rilevanti i fattori soggettivi e la personalità è il l test della figura nascosta di Witkin. Nel test di Witkin il soggetto deve rintracciare una figura precedentemente mostrata all'interno di un disegno più grande, in cui altre linee infastidiscono e creano confusione. Secondo la teoria di Witkin le persone più indipendenti dal campo risolvono bene ed in modo rapido il compito, dimostrando capacità analitiche e lasciandosi guidare da indici provenienti dall'interno. Anche Hutt, appartenente alla scuola della Gestalt insieme ad altri ha posto l'accento sulla possibilità che la percezione visiva coinvolgesse l'intera personalità ipotizzando una relazione tra personalità e percezione. L'Hutt Adaptation Bender Gestalt Test (HABGT) è nel quale il soggetto deve disegnare nove figure di tipo geometrico il più uguali possibile a quelle presentate, viene frequentemente utilizzato come strumento di screening, sia per l'individuazione di disfunzioni cerebrali organiche, sia per condizioni psichiatriche quali nevrosi, psicosi e ritardo mentale. Tale screening indica non già la diagnosi ma la possibilità che un soggetto ha di collocarsi all'interno di una data categoria nosologica.


a cura della Dott.ssa  Denise Ruggieri 
Psicologa


Bibliografia:
Canestrari R., Godino A., La psicologia scientifica. Nuovo trattato di psicologia generale.
Moderato P, Rovetto F., Psicologo: verso la professione - Dall'esame di Stato al mondo del lavoro.

Westen D., Psicologia vol.1 La storia, i metodi, i meccanismi fisiologici e cognitivi del comportamento

Saggino A., (2002) “La teoria dei tipi psicologici. Una verifica empirica”, Laterza, Bari. 


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